ADDICTION DISORDERS: UNA RIVOLUZIONE DIGITALE POSSIBILE

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Parte.2 – Nuove piattaforme per nuove letture epidemiologiche e cliniche 

[ricordiamo la Parte.1]

A decorrere dalla fine degli anni ’90 nel campo delle dipendenze da sostanze sono stati istituiti del flussi dati periodici di natura istituzionale attraverso i quali si è prodotta la Relazione Annuale al Parlamento. Questo documento, la cui pubblicazione è prevista per il 30 giugno dell’anno successivo cui fanno riferimento i dati, ha assunto nel tempo editing diverso e sempre più raffinato, arricchendosi con flussi provenienti da fonti sempre più ampie. Ovviamente, vista la specificità della patologia che interessa non solo l’ambito sanitario ma anche quello sociale, giudiziario, di sicurezza stradale e sul lavoro, i sequestri, e tanti altri ambiti, la redazione della Relazione ha assunto impegno e dimensioni sempre più consistenti.

L’istituzione e l’avvio dell’Osservatorio Europeo su Droghe e Tossicodipendenze (EMCDDA), Agenzia dell’Unione Europea con sede a Lisbona, ha dato un ulteriore impulso alla standardizzazione dei flussi con la definizione di 5 Indicatori Chiave Epidemiologici (KEIs) attraverso i quali è stato possibile omogeneizzare la metodologia di raccolta dati, analisi e reporting da parte degli stati membri ai fini dare una periodica e comparata visione della situazione a livello europeo. I cinque Indicatori Chiave fanno riferimento a indagini di popolazione generale e studentesca, stima dell’uso problematico o ad alto rischio, la domanda di trattamento, i decessi e la mortalità droga correlata, e le patologie infettive droga correlate (HIV ed epatiti). La loro gestione è supportata da specifici manuali che sono aggiornati in relazione al loro sviluppo concordato e condiviso dagli esperti nazionali che partecipano ai tavoli di lavoro presso EMCDDA. Oltre a questi sono anche definiti flussi su sequestri, problematiche legali, attività di prevenzione, e altri ambiti che consentono di avere un quadro più dettagliato della situazione nazionale ed europea.

Il flusso informativo nazionale SIND (Sistema Informativo Nazionale Dipendenze), inserito all’interno del NSIS (Nuovo Sistema Informativo Sanitario) e istituito dal D.M. 11 giungo 2010, è stato standardizzato e allineato alle necessità di EMCDDA per l’indicatore domanda di trattamento pur mantenendo delle specificità proprie aggiuntive rispetto al debito informativo europeo: infatti si à passati da una trasmissione di tabelle con dati aggregati a dei flussi su singolo tracciato record che prevede l’invio di sei file (anagrafica anonimizzata, caratteristiche socio demografiche, ciclo di trattamento, prestazioni erogate, patologie infettive e patologie correlate di altra natura) tra loro collegati da chiavi primarie (rDBMS); il tragitto tipico del flusso è SerT, Dipartimento ASL, Regione, Ministero della Salute. Il potenziale informativo di questo dataset è veramente elevato e, purtroppo, non è ancora sfruttato come potrebbe essere; l’unità statistica è il ciclo di trattamento, che, per analogia, potrebbe corrispondere al periodo di ricovero ospedaliero, e contiene informazioni su data di inizio e fine, diagnosi, trattamenti erogati ed esito.

Fatta questa lunga ma necessaria e non esaustiva premessa, ritenuta essenziale per consentire l’inquadramento della situazione da parte dei non addetti ai lavori, appare interessante discutere di alcune limitazioni nella gestione e nell’uso dei dati e delle possibili soluzioni per il loro superamento.

Attualmente il sistema nazionale SIND è supportato perifericamente da gestionali che, pur avendo un orientamento generalmente clinico, permettono la generazione e l’estrazione dei flussi che costituiscono il debito informativo. Solo alcuni gestionali hanno sviluppato delle funzioni specifiche e dedicate che, ad esempio attraverso rappresentazioni grafiche, siano in grado di riepilogare l’andamento e la situazione del soggetto sottoposto a trattamento, piuttosto che il quadro riepilogativo delle attività dell’unità operativa con la creazione di “cruscotti” a supporto della gestione organizzativa. Eppure questi dati sono presenti negli archivi in quanto necessari per la produzione dei tracciati SIND, ma sono quasi esclusivamente utilizzati per assolvere al debito informativo.

La creazione e implementazione di “cruscotti” clinici e gestionali sarebbe una soluzione facilmente percorribile e utile per la visualizzazione in tempo reale della situazione specifica del paziente e/o della struttura operativa, evitando quindi il bisogno di ricorrere a rielaborazioni differenti tipo paper and pencil perché spesso non è utilizzato nemmeno un foglio di calcolo.

La gestione documentale è spesso doppia nel senso che è gestita da soluzioni informatiche collaterali, parallele ed esterne (modelli di elaboratori di testo) che richiedono il data entry di informazioni già presenti nel gestionale. Altra documentazione clinica, come ad esempio referti di esami, costituiscono un fascicolo personale cartaceo contiguo a quello digitalizzato. Ne risulta, pertanto, che la consultazione del caso clinico è possibile condurla con visione non strutturata (assenza di cruscotti riepilogativi) del EMR (Electronic Medical Record) e il fascicolo contenente i materiali cartacei. La domanda è: questo facilita l’operato del professionista? La risposta è no!

Cosa possiamo fare? L’adeguamento dei sistemi gestionali carenti è la prima risposta che viene in mente. È di facile realizzazione e almeno parte del problema è risolto.

Ma il vero problema risiede nel fatto che questi gestionali sono stati sviluppati sulla digitalizzazione delle procedure cartacee: infatti non sono stati progettati o adattati tenendo in adeguata considerazione le potenzialità che possono derivare dall’uso delle risorse digitali disponibili. Ad esempio, non mi risulta che esistano, almeno in Italia, sistemi aperti alla possibilità di accogliere la domanda anche in modalità multicanale (web, app, social, totem, ecc), alla raccolta e archiviazione di dati provenienti direttamente dai pazienti (EMA – ecological momentary assessment), visite e colloqui accessibili ed erogabili tramite VoIP, integrazione dei trattamenti tradizionali con soluzioni digitali (EMI – ecological momentary intervention; serious games e gamification). Ovviamente per i clinici l’idea di “passare” la propria competenza professionale a macchine e algoritmi non entusiasma, ma è sbagliato l’approccio; digitalizzazione non significa perdere o diminuire il senso del proprio operato ma avere ulteriori strumenti che, anzi, facilitano e migliorano i risultati del proprio lavoro rendendolo quindi più agevole, soddisfacente e orientato alla personalizzazione per il singolo paziente.