Non esiste un generale divieto di pubblicità dei farmaci SOP che non siano anche OTC. Lo conferma il Consiglio di Stato, che estende così anche ai prodotti SOP l’utilizzo dei canali digitali a fini pubblicitari.
Non esiste nella normativa italiana che regola la pubblicità dei farmaci alcun divieto espresso alla pubblicità presso il pubblico dei medicinali non soggetti a prescrizione medica (SOP), ma non appartenenti alla categoria dei farmaci di automedicazione (OTC), che deve quindi sempre ritenersi consentita, purché nel rispetto delle condizioni stabilite dal D.Lgs. n. 219/2006 per tale tipo di pubblicità. Del resto un simile divieto sarebbe contrario alla normativa europea, in particolare all’art. 88 della direttiva 2001/83/CE: atteso che tale norma “ha stabilito in generale il divieto di pubblicità per determinate categorie di farmaci, non può che desumersene, a contrario, che la pubblicità deve intendersi sempre consentita per le restanti: pertanto, una legislazione che introducesse in via generale, in assenza di specifiche necessità, divieti ulteriori, travalicando i limiti tracciati dal citato art. 88, si esporrebbe al serio rischio di incompatibilità comunitaria”.
È quanto ha stabilito il Consiglio di Stato nella sentenza n. 2217 del 12 maggio 2017[1], a conclusione del giudizio di appello promosso dal Ministero della Salute avverso la sentenza del Tar Lazio n. 7539/2016, che il 30 giugno scorso aveva per la prima volta scalfito la invalsa prassi ministeriale di rigettare le richieste di autorizzazione alla pubblicità dei farmaci SOP verso il pubblico (diversi dagli OTC), in applicazione di un generale divieto tratto dalla legge.
La controversia era iniziata in primo grado con il ricorso di una casa farmaceutica che nel 2015 si era vista rigettare dal Ministero della Salute – dopo che in un primo momento, per la verità, l’aveva accolta – l’istanza di autorizzazione alla pubblicità di un prodotto sedativo della tosse, non soggetto a prescrizione medica, ma neppure considerato di automedicazione. Il Ministero aveva motivato il rigetto precisando che: il messaggio pubblicitario del prodotto non può essere autorizzato in quanto, trattandosi di medicinale senza obbligo di prescrizione non rientrante nella categoria dei cd. farmaci di automedicazione, non ha accesso alla pubblicità al pubblico.
La tesi del Ministero sul punto, infatti, è sempre stata quella di non poter consentire la pubblicità di tali prodotti sull’assunto che il messaggio promozionale ne potrebbe incrementare il consumo, comportando che l’utente si determini all’acquisto prescindendo dal consiglio del farmacista.
Il TAR del Lazio in primo grado ha accolto il ricorso della farmaceutica, sul presupposto che un simile divieto è in contrasto con il quadro normativo vigente. I farmaci SOP e OTC sono entrambi commercializzati senza ricetta medica e quindi considerati dal legislatore sullo stesso identico piano quanto a impatto sulla salute; e secondariamente in quanto il consiglio del farmacista non ha la valenza di una prescrizione medica e lo stesso farmacista è tenuto, indipendentemente dal proprio parere, a dispensare il farmaco SOP qualora il paziente lo richieda. Il TAR concludeva, quindi, che in un simile contesto normativo la finalità pubblicistica di assicurare un consumo responsabile e documentato dei farmaci SOP deve essere razionalmente perseguita imponendo rigorose prescrizioni al messaggio pubblicitario, non vietandolo in via generale.
Il Ministero della Salute si è rivolto al Consiglio di Stato chiedendo la riforma della decisione del TAR.
I magistrati del Consiglio di Stato hanno invece sposato in pieno il ragionamento seguito dal TAR. Rispetto alla precedente normativa del 1993 – che sembrava stabilire un regime della pubblicità limitato ai soli medicinali OTC – il Codice del Farmaco del 2006 (D.Lgs. n. 219) ha superato la distinzione tra farmaci da banco e non, ai fini dell’accesso alla pubblicità. L’art. 96 del D.Lgs. 219/2006 infatti si limita a prevedere genericamente che i farmaci non soggetti a prescrizione medica “possono essere oggetto di pubblicità presso il pubblico se hanno i requisiti stabiliti dalle norme vigenti in materia e purché siano rispettati i limiti e le condizioni previsti dalle stesse norme” e il successivo art. 115, nell’individuare rigorosamente le categorie dei farmaci per i quali è preclusa la pubblicità (commi 2 e 4), non include i farmaci non soggetti a prescrizione medica non da banco. Sul punto è stato anche meglio chiarito che la distinzione tra farmaci da banco e non introdotta dalla normativa del 1993, a dispetto di quanto sostenuto dall’Amministrazione, era posta – e permane – non già ai fini della pubblicità dei farmaci, bensì ai diversi fini della rimborsabilità degli stessi da parte del SSN (coerentemente con la finalità dell’intero art. 8, norma generale della legge finanziaria per il 1994 destinata alla sanità pubblica). Lo stesso Codice del Farmaco quando richiama la norma istitutiva della categoria dei farmaci da banco lo fa solo per dettare specifiche disposizioni sulle diverse modalità di etichettatura dei farmaci e sull’immediata disponibilità in esposizione dei medicinali OTC, questioni che sono del tutto estranee al tema della pubblicità.
In tema di pubblicità, invece, l’art. 96 D.Lgs. 219/2006, si riferisce a tutti i farmaci SOP e non solo a una parte di essi (quelli OTC). Per sgomberare il campo da ogni ragionevole dubbio, qualora ancora ve ne fossero, i giudici dell’appello trovano conferma alla loro interpretazione anche nel dato normativo comunitario, cioè la direttiva 2001/83/CE, da cui il nostro Codice del Farmaco trae origine. L’art. 88 della direttiva stabilisce quali sono i casi in cui la pubblicità è sempre vietata: per i medicinali “che possono essere forniti soltanto dietro presentazione di ricetta medica” e per quelli “contenenti sostanze definite come psicotrope o stupefacenti ai sensi delle convenzioni internazionali”. In tutti gli altri casi, si desume a contrario che la pubblicità al pubblico è sempre consentita. Limitazioni più stringenti di quelle poste dalla normativa comunitaria potrebbero essere introdotte nell’ordinamento nazionale solo ove strettamente necessario per tutelare interessi prevalenti, quale quello della salute umana. Se determinati farmaci sono classificati come dispensabili anche in assenza di ricetta, è evidente che gli stessi non possano essere generalmente considerati pericolosi per la salute umana, almeno non più di quanto potrebbero esserlo gli OTC, la cui propaganda è pacificamente lecita. L’introduzione di un generale divieto per la pubblicità al pubblico dei medicinali SOP, quindi, sarebbe contrario alla normativa comunitaria e al suo intento di armonizzare le legislazioni degli Stati membri sui temi della salute.
Conclude infine il Consiglio, riprendendo quanto già affermato dal TAR, che un eventuale diverso grado di pericolosità tra farmaci SOP non potrebbe in alcun caso giustificare l’estensione di un divieto generalizzato che non trova fondamento nella disciplina europea, potendo al più legittimare l’adozione di maggiori cautele e prescrizioni in sede di autorizzazione della pubblicità.
Via libera, dunque, alla pubblicità dei farmaci SOP non da banco. E non solo attraverso i vecchi media, ma naturalmente anche attraverso i canali digitali. Nel marzo di quest’anno, infatti, il Ministero della Salute ha aggiornato le linee guida in materia di pubblicità sanitaria, regolamentando l’utilizzo dei nuovi mezzi di diffusione nella pubblicità dei medicinali di automedicazione.
Il provvedimento stabilisce le condizioni alle quali è oggi possibile pubblicizzare i farmaci attraverso il web, in particolare attraverso i siti delle aziende titolari, siti di terzi, e, con non poche limitazioni, su Facebook, su Youtube, oppure attraverso l’invio di email o sms. La pubblicità già autorizzata per altri canali può essere pubblicata, purché in modo esattamente uguale, anche sui canali digitali senza necessità di una nuova autorizzazione, semplicemente informandone l’Autorità. Il Ministero, conformemente alla tesi sin qui sostenuta, ha espressamente limitato la portata delle proprie linee guida ai soli OTC.
Ma dalla decisione del Consiglio di Stato non potrà che derivare l’apertura del Ministero anche ai SOP non OTC. Nuovi orizzonti per il marketing farmaceutico digitale.
[1] Il testo integrale della sentenza è consultabile sul portale istituzionale della giustizia amministrativa: www.giustizia-amministrativa.it
Per maggiori informazioni sul tema pubblicità dei farmaci SOP contattare Francesca Ferrario

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